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Fotografia di France Dubois
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Di poco fanno ombra
i pini alle finestre
e in ale diverse, sullo stesso viale,
si affacciano
le finestre dallo sguardo
di donne.
Il destino di figlia
porta a una camera bianca
con una donna sempre più piccola
che mi chiama mamma.
Il giro delle scale
non si fa su una sedia a rotelle.
dove i piedi diventano ali
atrofizzate in un sospiro
fatto da una bombola d’ossigeno.
Il destino di donna
in discesa, verso l’uscita
è tappa consueta in psichiatria.
Hanno quaderni e fogli appuntati
che chiamano diario.
Due portano il mio stesso nome.
un’altra ha un nome corto.
Il dolore più o meno è lo stesso.
La stessa storia che scrive un abbandono,
una negligenza, un abuso,
l’indifferenza.
Nascono fiori
dalle loro mani sgrammaticate
e disegni di donne felici.
Mi chiedono di scrivere di loro.
Si deve sapere sai – dicono – quanto male fa
non riuscire a metabolizzare il dolore.
Quella luce fievole nei loro occhi
è la luce con cui mi faccio giorno,
in cui vedo aurore farsi
sole alto.
Tornerai domani?
Che dobbiamo scrivere anche di Basaglia
e della legge centoottanta.
Un pugno di tenerezza
mi richiama alla vita,
in abbracci che abbattono
le sorde mura
del dolore.
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Trovato nelle cose che accadono
quasi tutti i giorni