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Non riesce a trovarlo.
Tiene la cedola in mano, alla ricerca di un numero
che mi riconduca alle parole fermate su carta.
Poi si avvicina al vetro che divide le nostre voci e me lo mostra.
Un plico quadrato, giallo con qualcosa di bianco
su cui c’è scritto il mio nome.
– Devo rispedirli, sai dirmi il costo per ogni spedizione?
– Sì, dobbiamo sapere il peso di ogni libro.
– Senti, è il mio libro, il mio primo e unico libro probabilmente,
mi lasci il piacere di godermi lo scartamento del plico?
Un ragazzo a fianco a me, all’altro sportello
mi guarda e ride incuriosito.
Anche le impiegate ridono e forse anche da dietro me,
la coda di persone, alla posta, ride di tenerezza.
Mi passa il plico da sotto al vetro, chiamandomi per nome.
Lo scarto piano, così, davanti a tutti,
come si accarezza un bambino
o come ci si commuove ancora per una somma di dolori.
– "Ecco. Questo è il mio libro".
Lo guardo credo con lo stupore ritrovato.
Un pò piango e metto tutti gli occhiali che ho in testa sul banco,
la borsa grande, tipo sacco indiano, per terra.
Manca una frase iniziale,
la più forte che il caso ha voluto non venisse impressa.
Ed è così che doveva essere il libro.
Senza quella preghiera rabbiosa
di dolcezza.
Anche la coda di persone dietro di me
s’è accorta che piangevo.
Il cellulare squillava e io piangevo anche al telefono.
Ora è qui, accanto a me.
E un pò io piango ancora.
Ora vado di là, sul tavolo di fogli
a ringraziare, con penna, carta e lacrime,
chi ha fatto della propria Parola
le Poesie che Amo
.
(una telefonata dall’ufficio postale, qualche minuto fa,
mi dice che per me
ci sarà una tariffa particolare, con costo minimo, non so perchè.
Si sono lasciate un appunto scritto, per quando stasera o domani, spedirò.
Forse ha parlato tanto o forse troppo, quel mio pianto silenzioso, oggi)
.
(musica: Jacques Brel – Ne me quitte pas)
Liberamente tratto dalle emozioni,
dalle stelle, dalle rincorse folli verso le nuvole,
e dalla tenerezza