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E ora che sei nelle braccia del vento,
proteggi dal silenzio
il silenzio di ogni donna.
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Un ciclamino bianco
per la mancata presenza,
un ciclamino che resiste nella neve
in quel silenzio sotterraneo
tempio e tempo prezioso
d’ogni donna.
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Molto più fragile il tuo sguardo,
quei colori forti con cui
esorcizzavi il male
e un turbante per non nascondere
quanto fa male vedere
un albero spoglio in estate.
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Figlia del destino
risorgi in me ogni mattina al risveglio,
fra il cantare degli uccelli
sui tanti rami spogli
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insegnami d’ora in poi la fatica
del viverti senza.
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A te, Patriza
con grande affetto e stima.
Donna stroardinaria, invidiabile Assesosre alla Cultura,
Professionista nella logopedia.
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Il ciclamino bianco che mi regalasti per le parole
ce l’ho sempre.
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soupir III
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Sarebbe arrivato il tempo lungo,
quello in cui solo tu invecchi
perchè io ho sceso le scale
il giorno in cui andasti.
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Il tempo è solo un alibi
per raccontarci che anche noi
ne abbiamo avuto uno.
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io interrogo le stelle,
non potendo interrogare i dubbi
e la pazienza che mi cresce in bocca
al posto del dente del giudizio
ogni tanto emette un sospiro.
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E’ tempo ormai di accendere un giorno
e chiudere il registro
sul delirio degli assenti.
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trovato nel termometro
sans tes fleurs
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Quanti affanni per un giorno di luce,
per raccogliere nella vita
un alito di voce e raccontarmi
quanta vita c’è stata in un nome.
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Amavi raccogliere margherite
strappando petali interrogavi l’Amore
e mi chiedevi se i fiori sentissero male.
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Lungo il nostro Arno, stasera
si rincorrevano come in quei giorni felici,
le luci.
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In me il tuo prato è una distesa di colori.
Non strappo petali
perchè ho sempre timore
di svegliarti dal volo
e farti male
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quindici anni senza te, Tiziano,
sono tanti.
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ces temps
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Cerco te,
laddove ci hai lasciate.
Ci nutrono i ricordi
in questo tempo
che è un tempo distante
dalle orchidee e dai meli in fiore.
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C’è sempre
una disgrazia pronta per essere raccolta
da chi urla la fame d’Amore
Babbo, mi manchi.
cheval emballé
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Non ero mai stata ferma
fino a quando il tempo mi recise la corsa
per abituarmi al macigno della sopravvivenza.
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Fu lì che liberai dal corpo l’anima
che non voleva stare ferma mai.
La portai fuori dalle gambe immobili
a esercitarsi nella rincorsa.
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Rincorrere le nuvole abitua ai temporali,
starci sopra abitua alla vertigine
dell’assenza.
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C’era un aquilone colorato
che volava come un corpo vuoto
nella stanza.
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Lo guardavo e piangevo
e dalle lenzuola stanche, per sopravviverTi
in ogni sera d’assenza
come un cavallo imbizzarrito,
l’anima correva.
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Ricordando il mio anno immobile in un letto
dis huit ans
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Sta tutto dentro a un silenzio,
e si traduce con quello che la voce
non arriva a dire.
Tu sei in tutto quello che si muove
e oltre, fino dove ha origine
il primo vagito d’appartenenza.
Sei nelle domande
a cui rispondi nelle interruzioni di tempo
con cui ci burlano gli anni.
Sospeso nell’infinito della memoria,
in una dimensione angelica,
guardi a noi che viviamo l’inferno.
E non c’è giorno di pace
nemmeno nel silenzio.
Non una parola che restituisca verità
alla menzogna,
ne’ ragione all’errore umano.
Rimane incisa e presente
tutta la ferocia dell’assenza
che siede ogni giorno alla nostra tavola.
E’ un vuoto che non consola
quest’assenza oggi maggiorenne
che si contiene al sole,
ma piange ininterrottamente
come fosse
il vagito di un bambino appena nato
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18 anni fa
l'âme sœur
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Lamento spesso al silenzio le assenze,
sfoglio gli impossibili appuntamenti,
e dentro al tempo
ringiovanisco.
Colgo i ricordi,
e ti aspetto sempre sull’ultimo atto.
E’ di domani, il nostro.
Tu che entri nella mia solitudine
e lì rimani ad osservare in silenzio
un possibile tramonto.
Nulla si muove sul respiro del vento,
non una parola che si stacchi da un discorso,
o un punto che chiuda
un periodo vivo.
E mi spingo oltre,
nel cercarti lì dove ora sei,
nelle non scelte che sono la tua essenza
e dove non arriva la pazienza,
sempre ancora
come fossimo noi quel vento che non asciuga,
prigionieri del tempo nuovo
nel silenzio che parla di te,
io trovo me
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Trovato penso qui
les attentes
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Dove scende la sera, io ti cerco.
Nascosto fra le ombre quasi io ti vedo.
Stai nel silenzio
mentre ti trovo nello specchio
e nell’oltre dove braccia non raccolgono gli atti,
una voce interiore s’avvicina.
Abbraccia la solitudine
poi mi riconsegna alla ricerca,
nella casa che è il circo
dove mai recita il pagliaccio.
Un’ombra si ferma silenziosa
a misurare la distanza infinita
fra noi e il destino.
Raccoglie dalle attese un altro giorno
poi mi accarezza il vuoto
e mi dà appuntamento
nella prossima vita accanto
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Dalle Assenze
la pluie d'été
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E’ di pioggia la tua mano
che ogni notte e ogni giorno
ancora m’accarezza.
Arriva ad asciugarmi nuovi dolori,
arriva, spalanca finestre e cuore
e lascia inconfondibile il tuo odore.
Ero la sete del tuo futuro,
eri il silenzio che insegna l’ascolto
e noi, siamo ancora tutto il tempo che ci manca.
Nel nuovo dolore
arriva rassicurante, la tua assenza.
Asciuga il vento, la pioggia,
trascina verso nuovi giorni
gli antichi dolori.
Un odore di spezie confonde le memorie
e oltre il visibile ti cerco.
E’ tutto è già accaduto
senza che si svegliasse il tempo
dall’alcova umida dell”estate
della donna
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Dalle Assenze che vivono in ogni atto
papa
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Sai babbo,
capita spesso che ti pensi
come si pensano gli odori d’infanzia,
gli errori del tempo,
i silenzi mai catalogati,
le capriole nell’erba, vicino al fiume, d’estate.
Ho pensato al regalo più grande io abbia avuto da te,
ch’è stata, la Libertà del pensiero.
E mi regalo ogni giorno,
per sopravvivermi, nel mondo non pensante
un pensiero di Libertà.
Ebbi giorni fa, babbo,
una diatriba con uno che fa il tuo stesso lavoro.
Era l’avvocato della controparte.
Ad un tratto gli chiesi cortesemente di togliersi la cravatta
e di essere persona Libera, capace di pensare.
S’offese l’uomo, il predicatore di legge,
s’offese un abito distinto di classe.
Forse un pugno d’anni più di me e un codice civile
imparato a memoria a dovere.
Gli chiesi di sfogliare in cuor suo,
un codice morale.
Allora il laureato esibì il suo sapere
non il conoscere.
Mi morsi la verità e gli chiesi scusa
se mai si fosse sentito offeso.
Non capii nemmeno le scuse e mi liquidò
con quel fare da cameriere
che, offeso, deve servire un altro tavolo.
Quando guardo tuo nipote crescere,
trovo un pensiero, come una betulla, respirare.
Trovo la fronte dei tuoi pensieri
e la consapevolezza del cuore.
Sai babbo,
qui passano gli anni come coriandoli a carnevale
e tanta vita è passata, dove si sta prosciugando il fiume.
Sono ancora più alte le betulle,
sempre fresco l’odore del pane
in me, invecchiata.
Anche il granchio si nasconde nella terra d’estate,
per l’ombra, per l’umido, per la pesantezza dell’estate.
L’abete della tua assenza
riempie buona parte del secondo prato,
dove inizia il ruscello
e le pietre sono levigate dalla certezza dell’acqua.
Lega per le mie notti buie
un’amaca fra le stelle
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Mancandomi, senza origine,
cerco la destinazione