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A buttare sassi nello stagno,
tu lo sai, si moltiplicano, rilfesse le stelle.
Si sciolgono dal basso, in sorsi di vita
le zolle di terra.
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La terra mossa oscura lo sguardo,
e l’amico del giudice
ha la coscienza più sporca della melma.
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L’ho chiamato ora, babbo.
gli ho detto che sono figlia tua.
"si vergogni signiorina, lei ha detto di me cose infami,
io la denunzio, io non la voglio sentire più, si vergogni".
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Perdonami babbo se gli ho detto di farlo,
di denunziarmi, di farlo subito e garbatamente,
spogliandosi della tunica e dell’arroganza dei prepotenti.
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Ho continuato a dirgli
"Lei rappresenta lo stato, lei rappresenta niente".
Aveva la voce rossa,
che lo vedevo ricurvo sull’elenco degli amici
sputare rabbia dagli occhi.
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In questa terra di Dante
poteri occulti manovrano poteri ormai incerti,
e alla mensa dei massoni
delineano la vittima, poi uccidono lentamente.
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Sono arrivati qui, babbo
con quella lupara benpensante e trasparente
a minacciare la pancia che t’ha reso padre
e che non è più nemmeno utero sfitto,
ma è carne che muore lentamente.
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Getta un sasso nello stagno
e forse vedrai nella melma
rinascere e moltiplicarsi come fosse quello il cielo,
un coro di stelle
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Trovato nella lotta contro i poteri occulti
del tribunale di Firenze