L'herbe rouge

indépendance - tango

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Poi
tutto è come uscito
e mai rammendato dal filo sottile
della voce.

Erano memorie vicine 
ma già troppo lontane,
era la  consapevolezza
che viviamo di oggi e non di domani.

Poi
tutto prosegue la sua corsa
verso il tempo raro, figlio dei ricordi
fiorito nel giorno lungo
 delle mezze stagioni.

Era una strada
ed era quello che non si fermava
dove battito e sangue
sono la pelle di un animale
o il rossetto di una donna

a scrivere la vita
come un’erba rossa
sul catrame.

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Trovato sul catrame
mentra la mia gatta oggi moriva

tout s’èvanouit

indépendanc - deux

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Cercami prima del risveglio
dove tutto è
il migliore dei mondi.

Le mattine seguono
gli antichi giorni.
sotto al catrame, a ricordare storia
i passi di dio e quello degli altri.
I tuoi, risuonano anche nel silenzio.

La piazza dove hanno impiccato
di me la donna,

ha ora al suo centro
una conca di fiori selvatici
che la ricorda.

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Trovato fumando vita

l’aire blanche

indépendance - beauté

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Timore di perdere
i discorsi della nebbia
che in ogni stagione
racchiudono quella che non vedo,
tua ombra.

Chissà quali discorsi
nasconde la tua bocca,
e oltre,
dove la vita s’infittisce,
lascio socchiusa una finestra

perchè entri della libertà
almeno l’aria.

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Trovato nelle mani

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Per chi fosse in Firenze
Sabato 24 Maggio
un evento a favore dell’ospedale Meyer
alla Stazione Leopolda

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vie silencieuse

indérendance - entre les yeux

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Passami la vita fra i capelli
e ricordami il vento
di quando avevamo i nostri anni.

Seguono miserie
agli olocausti

ma per fortuna c’è il mare
che non cancella dolori
e libera i gabbiani  sulle distanze.

Non s’increspano le onde
nel punto lontano
dove inizia e si perde

l’infinito.

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trovato credo nei capelli bagnati
dal temporale

un pied sur la rive

indépendnace - fleur
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Fotografia di
France Dubois

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Di poco fanno ombra
i pini alle finestre
e in ale diverse, sullo stesso viale,
si affacciano
le finestre dallo sguardo
di donne.

Il destino di figlia
porta a una camera bianca
con una donna sempre più piccola
che mi chiama mamma.

Il giro delle scale
non si fa su una sedia a rotelle.
dove i piedi diventano ali
atrofizzate in un sospiro
fatto da una bombola d’ossigeno.

Il destino di donna
in discesa, verso l’uscita
è tappa consueta in psichiatria.

Hanno quaderni e fogli appuntati
che chiamano diario.
Due portano il mio stesso nome.
un’altra ha un nome corto.

Il dolore più o meno è lo stesso.
La stessa storia che scrive un abbandono,
una negligenza, un abuso,
l’indifferenza.

Nascono fiori
dalle loro mani sgrammaticate
e disegni di donne felici.

Mi chiedono di scrivere di loro.
Si deve sapere sai  – dicono – quanto male fa
non riuscire a metabolizzare il dolore.

Quella luce fievole nei loro occhi
è la luce con cui mi faccio giorno,
in cui vedo aurore farsi
sole alto.

Tornerai domani?
Che dobbiamo scrivere anche di Basaglia
e della legge centoottanta.

Un pugno di tenerezza
mi richiama alla vita,
in abbracci che abbattono

le sorde mura
del dolore.

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Trovato nelle cose che accadono
quasi tutti i giorni

devenir

indépendnace - la tendresse

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E’ il doversi reinventare.

Quella malinconia
che accompagna il cadere
della pioggia.

E’ il sentirsi al di là delle cose
dove non esiste guarigione.

Frugarsi la vita
e trovarsi nei gesti
che accostano giornate come persiane
a quel che ha da divenire.

Soggiorno ancora in me,
come un ospite al terzo giorno.

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