père

indépendance - boulevard beatrice

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"… Per chi viaggia in direzione ostinata e contraria
col suo marchio speciale di speciale disperazione,
chi tra il vomito dei respinti muove gli ultimi passi,
per consegnare alla morte una goccia di splendore,
di umanità, di verità…"

Fabrizio De Andrè
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Ricordi ancora quando scrivevo parole
partendo dal lato destro del foglio verso sinistra?
Tu mi dicevi: " scrivi, scrivi come senti, scrivi come ti va’".
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Ricordi ancora le punizioni che prendevo a scuola 
perchè scrivevo al contrario e tu
scendevi dalla tua cravatta
per prendere in braccio la mia ragione?
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Ottobre, mese d’uva nera
di odore del primo fuoco nella stanza.
Ottobre, mese della dimenticanza.
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La tua casa ora è un odore di malattia,
dove la donna invecchia tutta la tua assenza.
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Non un organo del corpo
le suona più la melodia della donna.
"Quando mi ha conosciuta – dice ricordandoti-  
ero anche io così bella".
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Lo sguardo le cade sul posto tuo rimasto vuoto
e il cucchiaio scandisce memorie.
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Ottobre segnò nascita e prima distanza.
Le rose bianche supplicavano ritorno,
le tante rosse, mescolate alle zolle
pregavano per noi dal cuore della terra.

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Una fotografia ci ritrae ridendo
come se stessimo ancora camminando.

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Dalla più feroce delle assenze, babbo.

pleurer III

indépendance - silencieux

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Tempo che abortisci il più triste dei pensieri,
che adotti la figlia abbandonata,
e allevi al seno del destino,
l’essenza della voce.

Vivo nel silenzio
per sentire una bugia cadere,
come una stella nella notte,
come un dubbio distratto.

E’ sparito con l’alba d’oggi
il tuo risveglio dal mio letto.

Pure il figlio del tuo tempo
m’han detto ch’è un orfano scalzo.

Lo spazzolino è nel grande inceneritore.
Il gatto che portava il tuo nome,
sotto un pensiero di terra.

Per lui, uccidendoti nel futuro,
 io ho pianto.

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Ciao Nolan
6.6.2006 – 17.7.2007

histoire II

indépendance - souvenir

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Arriva d’improvviso
e scardina tutto.

Ti ricorderai un giorno,
di un giorno ancora più lontano
in cui tutto intorno e dentro mi moriva
e tu piangevi.

Il pianto d’un figlio
è il più grande dei dolori
perchè incide sulla pelle viva del cuore
la sacralità dell’Amore.

Non c’è niente che sia di noi, altro.
E le volte che m’hai vista rincorrere la gioia
è perchè fuggitiva, se ne stava andando.

La mano che mi passavi fra i capelli,
mi riapriva gli occhi all’esistenza,
come un dolore che non passa,
la vita succede.

E tutto quello ch’è di noi storia,
è di te ora,  l’ingombrante bagaglio.

Altre partenze ci darà il destino
verso le più antiche destinazioni,
come fosse dell’intero viaggio,
la bellezza fra le rotaie,

il rumore senza fermate
di un lungo abbraccio

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Trovato oggi, abbracciando Giacomo

Maître IV

indépendance - Don Lorenzo Milani, Maestro di Libertà

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Don Lorenzo Milani
27.5.23  –  26.6.1967

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"Ho voluto più bene a voi (ragazzi) che a Dio,
ma ho speranza che lui non stia attento a queste sottigliezze"
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Don Lorenzo Milani

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Ho passato la serata sul sito della pubblica istruzione
per leggere le cose inutili che fa la scuola oggi.
A quarant’anni di distanza dalla morte di Don Milani
i legislatori hanno optato per la figura degli insegnanti burocrati
e non degli insegnanti-maestri,
cosa di cui i ragazzi e la scuola tutta
invece hanno tanto bisogno.

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Onestamente non credo nemmeno che il ministro alla pubblica istruzione
sia mai stato a Barbiana, ne’ abbia ben chiaro
l’alto concetto dell’essere scuola per sè nel mondo.

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Per capire la scuola di Barbiana,
bisogna percorrere tutta la strada sulla fatica delle gambe
e da lì, guardare verso la casa più vicina
che dista un lungo sguardo
oltre la polvere.

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Sempre per ricordare Don Milani, un post molto interessante
su Don Bensi, guida spirituale di  Don Milani
sul blog de
il vecchio della montagna

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Qui
invece una intervista rilasciata da
Pier Paolo Pasolini
sul libro "Lettera ad una Professoressa"

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Qui
un filmato sulla Lingua Italiana
in cui Don Milani scrive "Lettera ad una professoressa"
insieme ai ragazzi della scuola di Barbiana
con anche un intervento di Pier Paolo Pasolini

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Quarant’anni dopo
più vivo fra i vivi

Maître III

Indépendance - Don Lorenzo Milani con i ragazzi di Barbiana

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"Cara Signora, lei di me non ricorderà nemmeno il nome. Ne ha bocciati tanti.
    Io invece ho ripensato spesso a lei, ai suoi colleghi,
a quell’istituzione che chiamate scuola, ai ragazzi che "respingete".
Ci respingete nei campi e nelle fabbriche e ci dimenticate.
    Due anni fa, in prima magistrale, lei mi intimidiva.
Del resto la timidezza ha accompagnato tutta la mia vita.
Da ragazzo non alzavo gli occhi da terra. Strisciavo alle pareti per non esser visto.
    Sul principio pensavo fosse una malattia mia o al massimo della mia famiglia.
La mamma è di quelle che si intimidiscono davanti a un modulo di telegramma.
Il babbo osserva e ascolta ma non parla.
    Più tardi ho creduto che  la timidezza fosse il male dei montanari.
I contadini del piano mi parevano sicuri di sè. Gli operai poi non se ne parla.
    Ora ho visto che gli operai lasciano ai figli di papà tutti i posti di responsabilità
nei partiti e tutti i seggi in parlamento.
    Dunque son come noi. E la timidezza dei poveri è un mistero più antico.
Non glielo so spiegare io che che ci sono dentro.
Forse non è nè viltà nè eroismo. E’ solo mancanza di prepotenza."

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Don Lorenzo Milani
Lettera a una professoressa

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La borraccia e lo zaino sono pronti,
di passo svelto in due ore sarò a Barbiana

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oggi la giornata commemorativa

Dalle cose che sono accadute
e che devono continuare ad accadere

Maître

indépendance - Don Lorenzo Milani

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Don Lorenzo Milani

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La vita di paese non ha la frenesìa delle città.
Ci sono altri ritmi a scandire lo scorrere delle ore.
Il martedì è giorno di mercato in paese ed essendo questo
il centro più grande del Mugello, il paese si popola di persone
provenienti dai comuni vicini, anche se non più come un tempo,
purtroppo.

Tanto per frugare nella memoria,
un tempo era proprio il mercato di Borgo San Lorenzo
a determinare il prezzo di frutta e verdura per
tutta la provincia di Firenze.
(ora la Mercafir – Mercato di Novoli – Firenze)

Dalla campagna scendevano a valle con calessi
e i frutti del bosco e delle campagna.
Era la fiera del bestiame, dei marroni, delle patate.
Il mercato era accolto nella "Loggia dei Marroni"
un loggiato molto bello progettato nella fine ‘800
dall’Ing. comunale Niccolò Niccolai.

Le logge furono abbattute negli anni ’60
per dare spazio a un bel complesso di bagni pubblici,
pressochè inutilizzati.

Per le  famiglie dei ragazzi di Barbiana
aveva una notevole importanza il mercato di Borgo S.L.
perchè permetteva lo scambio di prodotti e
se andava bene, la vendita di partite prodotti ortofrutticoli
per il sostentamento delle numerose famiglie.

Don Lorenzo veniva chiamato
"il prete con la la tonaca motosa", per l’evidente
bordo della tunica  polveroso,
scendendo lui da Barbiana a Borgo o a piedi o in bicicletta.
Un percorso tortuoso di circa 13 chilometri.

***

Come ogni mattina, il mio passaggio alla libreria Mondadori.
Stamani curiosavo nei cartoni i nuovi arrivi,
concentrandomi su nomi sconosciuti
ho chiesto una vetrina dedicata interamente al prete
e stasera la prepareranno, hanno detto.

Due parole scambiate sui testi mancanti,
ma ormai conoscono il mio brontolare che tutto ha
dell’affettività per una terra di cui si stanno
essicando le radici.

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Di Don Lorenzo ricordo non tanto il prete, piuttosto l’Uomo.
 Un Maestro di Libertà.

il 40° anniversario dall morte
verrà celebrato il 21 giugno
 

***

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Lettera ai giudici

Barbiana 18 ottobre 1965

Signori Giudici,

vi metto qui per scritto quello che avrei detto volentieri in aula. Non sarà infatti facile ch’io possa venire a Roma perché sono da tempo malato. Allego un certificato medico e vi prego di procedere in mia assenza. La malattia è l’unico motivo per cui non vengo. Ci tengo a precisarlo perché dai tempi di Porta Pia i preti italiani sono sospettati di avere poco rispetto per lo Stato. E questa è proprio l’accusa che mi si fa in questo processo.

Ma essa non è fondata per moltissimi miei confratelli e in nessun modo per me. Vi spiegherò anzi quanto mi stia a cuore imprimere nei miei ragazzi il senso della legge e il rispetto per i tribunali degli uomini.

Una precisazione a proposito del difensore. Le cose che ho voluto dire con la lettera incriminata toccano da vicino la mia persona di maestro e di sacerdote. In queste due vesti so parlare da me. Avevo perciò chiesto al mio difensore d’ufficio di non prendere la parola. Ma egli mi ha spiegato che non me lo può promettere né come avvocato né come uomo. Ho capito le sue ragioni e non ho insistito.

Un’altra precisazione a proposito della rivista che è coimputata per avermi gentilmente ospitato. Io avevo diffuso per conto mio la lettera incriminata fin dal 23 Febbraio. Solo successivamente (6 Marzo) l’ha ripubblicata Rinascita e poi altri giornali.

È dunque per motivi procedurali cioè del tutto casuali ch’io trovo incriminata con me una rivista comunista. Non ci troverei nulla da ridire se si trattasse d’altri argomenti. Ma essa non meritava l’onore d’essere fatta bandiera di idee che non le si addicono come la libertà di coscienza e la non violenza. Il fatto non giova alla chiarezza cioè all’educazione dei giovani che guardano a questo processo.

Verrò ora ai motivi per cui ho sentito il dovere di scrivere la lettera incriminata. Ma vi occorrerà prima sapere come mai oltre che parroco io sia anche maestro. La mia è una parrocchia di montagna. Quando ci arrivai c’era solo una scuola elementare. Cinque classi in un’aula sola. I ragazzi uscivano dalla quinta semianalfabeti e andavano a lavorare. Timidi e disprezzati. Decisi allora che avrei speso la mia vita di parroco per la loro elevazione civile e non solo religiosa. Così da undici anni in qua, la più gran parte del mio ministero consiste in una scuola. Quelli che stanno in città usano meravigliarsi del suo orario. Dodici ore al giorno, 365 giorni l’anno. Prima che arrivassi io i ragazzi facevano lo stesso orario (e in più tanta fatica) per procurare lana e cacio a quelli che stanno in città. Nessuno aveva da ridire. Ora che quell’orario glielo faccio fare a scuola dicono che li sacrifico.

La questione appartiene a questo processo solo perché vi sarebbe difficile capire il mio modo di argomentare se non sapeste che i ragazzi vivono praticamente con me. Riceviamo le visite insieme. Leggiamo insieme: i libri, il giornale, la posta. Scriviamo insieme.

Don Lorenzo Milani, Priore di Barbiana

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Dalle meraviglie umane

déluge

indépendance - Massimo Troisi

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Non so cosa teneva "dint’a capa",
intelligente, generoso, scaltro,
per lui non vale il detto che è del Papa,
morto un Troisi non se ne fa un altro.

Morto Troisi muore la segreta
arte di quella dolce tarantella,
ciò che Moravia disse del Poeta
io lo ridico per un Pulcinella.

La gioia di bagnarsi in quel diluvio
di "jamm, o’ saccio, ‘naggia, oilloc, azz!"
era come parlare col Vesuvio, era come ascoltare del buon Jazz.

"Non si capisce", urlavano sicuri,
"questo Troisi se ne resti al Sud!"
Adesso lo capiscono i canguri,
gli Indiani e i miliardari di Holliwood!

Con lui ho capito tutta la bellezza
di Napoli, la gente, il suo destino,
e non m’ha mai parlato della pizza,
e non m’ha mai suonato il mandolino.

O Massimino io ti tengo in serbo
fra ciò che il mondo dona di più caro,
ha fatto più miracoli il tuo verbo
di quello dell’amato San Gennaro 

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A Massimo Troisi
Poesia di Roberto Benigni

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Non ci resta che ricordarti

douceur

indépendance - douceur

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Era il venticinque aprile
eravamo bambine in fiore e tu, come me,
nell’amore morivi.

Ti ricorda un mazzo di fiori sull’albero
che incide nella storia delle bambine
la morte a cento all’ora dietro la curva del sole.

Il tuo era il mio,
compagna di giochi d’infanzia tradita.
Una strada separava i lunghi pomeriggi di confidenze
in questi occhi chiari
che subiscono le ingiustizie dei corvi sulle carcasse dei vivi.

Era il venticinque aprile e tu dietro il sole, andavi.
Me lo raccontò il tuo nome su un foglio
con una madonna piena di gigli
in quel braccio di strada che stringeva i nostri pomeriggi.

Piansi talmente forte
che scrissi per te le prime parole
di nascosto, su un foglio che ancora fa sangue.
Era il venticinque aprile 1982  e la banda suonava in paese.

Oggi la banda ha suonato ancora
per le strade del paese.
ma a te nessuno ti ha ricordata.

Nemmeno un’orchidea bianca
sulla solitudine

E’ questa la guerra delle bambine

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Elisabetta ho sempre invidiato i tuoi riccioli
nei capelli.

ton ciel

indépendance - solitude

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Sono passati secoli di gioia
ed ora, qui noi  abbiamo oltrepassato
il confine della noia.

Raccontarlo a te che sei quello che sei rimasto,
che ti sei inchiodato ad un Amore
per scendere dal nostro disastro
per il grande volo con il peso d’un dolore.

Sono passati tanti treni dalla nostra stazione
e tu scendesti nel disordine sessuale
che si chiamava ancora Amore.

Sai, sono passati secoli di noi,
senza che ce ne accorgessimo,
e tutti quelli che son rimasti, sono tristi;
si giocano la vita ogni sera su una poltrona rossa,
noi che ci siamo bruciati la vita
alla roulette russa.

Rosso,
il tuo colore d’adolescenza,
e sulle corde del tuo violino pizzicavi 
 un volo d’innocenza

Chissà Eugenio
com’è stato morire per un vizio d’Amore,
prima che Milano scorgesse il tuo cielo
sopra il tetto anonimo del pirellone.

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Ricordando un amico d’infanzia  E.
morto di aids nella città del Pirellone