ce soir

indépendance - ce soir

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A quest’ora i ragazzi, la nuova generazione
quella a cui abbiamo chiesto in prestito
questo mondo chie trattiamo male,
sono alle prese con carne alla griglia,
con sogni, con la voglia di sentirsi grandi.
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La mamma che è in me ha preferito
rimanere in disparte, come sempre, in silenziosa presenza.
Fra poco li raggiungerà.
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Mi fermo un attimo qui giusto il tempo di lasciare due parole
e due tracce musicali che accompagnano
ogni mia vecchia serata musicale,
di quando il tempo non fuggiva.
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Su quelle due tracce, idealmente
chi segue questo blog è lì con noi.
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I ragazzi ancora non mi hanno vista,
vivo l’imbarazzo di chi è atteso
da una ventina di ragazzi dai 16 ai 22 anni.
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Nella giornata che mi ricorda troppi Amici persi
 lascio una poesia di Dario Bellezza.
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Il primo brindisi sarà con mio figlio e amici
il secondo con voi.
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A PIER PAOLO PASOLINI
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M’aggiro fra ricatti e botte e licenzio
la mia anima mezza vuota e peccatrice
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e la derelitta crocifissione mia sola
sa chi sono: spia e ricattatore
che odia i suoi simili. E non trovo
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pace in questa sordida lotta
contro la mia rovina, il suo sfacelo.
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Dio! Non attendo che la morte.
Ignoro il corso della Storia. So solo
la bestia che è in me e latra.

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Dario Bellezza

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dalla vita

Modena City Ramblers – il bicchiere dell’addio

Iggy Pop – The passenger


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aveu

ouverture

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E abbandono morte. Giocattolo di Dio.
Le muse si sveltiscono solo se andate cose
rigirano, sezionando in dolore e confessione,
oscillando fra tenere immagini e pensiero
lucido di ieri, friabile rendendo la memoria
delle realtà impossibili, quelle mai volute
e tutte assoldate al vizio del ricordo.
Le trapassate entità ingiuste e invivibili
che fecero di me un ragazzo come tanti e ora
un morto che cammina, un fiato eterno di pietà
e tristezza, trascinandomi un corpo-cadavere
che di mattina alzo e vesto, rantolo per casa,
chiudo al gabinetto, ascolto nelle sue chiacchiere
insulse e quotidiane, chiedendo udienza alle muse
ancora con ironia come una pianta secca
dai fiori profumati, chissà perché. Dentro
il cuore si agita invano la parola chiave, morte,
morte terrena, morte eterna, ed è il corpo trionfante
bestia che si accalda a dimostrarlo in attesa
di diventare freddo come un marmo.
Questo corpo che vesto e nutro e lavo
e accordo ai separati corpi altrui, costringo ad amare,
manometto, chiedo il perdono della sua putrefazione
perenne in una erezione instabile e impotente, sterile,
senza figli severi e solari per confortare vecchiaia.
Tutto questo decomposto, gracile corpo cadavere
devo affaticarlo per sbiancare una notte senza insonnia
uncinato da pasticche velenose; cuori diabolici nel letto
agitano la loro bandiera nevrotica. "Anche tu sei dei nostri,
caro, scegli l’orgasmo che vuoi. Ti aspettiamo impazienti,
addio!" I morti, gli strabilianti morti vivendo nei sogni
li terrorizzano fino al delirio della più enorme insonnia
e solo le botte dell’infanzia mi placano, giacendo
senza vita lontano dal centro della mia vita.
"Non urlare, Dario, non urlare, sei pazzo.
Un vivente melodramma da strapazzo!"
Così diviso da me, osservo il mio cadavere,
ne contemplo le mille epoche sopravvissute
alle illusioni, alla felicità passeggera di un bacio,
preda di sapienti ladroni notturni che sanno
aspettare fino all’ultimo l’estremo rantolo.
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Dario Bellezza
(1944 – 1996)
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(da "morte segreta" – 1976)

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Liberamente tratto dalle Assenze