seule

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Ho ricevuto e lo sai, una tua mail. Anzi due.
Ma ho iniziato a piangere sulla prima.
Senza più lacrime ho continuato a leggerti
ed ho pianto le lacrime che ho già preso in prestito dal mio domani.

Mi paragoni al tuo solito a Pino Roveredo, a Léo Ferré, ad  Alda Merini,
a Piero Ciampi, a Ezio Vendrame.
Nomi troppo illustri e troppo importanti per il niente che sono.
Io te l’ho scritto anche prima che sono solo un manovale delle mie sensazioni,
che sudo dolore e che ho i calli anche nel silenzio.

Però piango per una richiesta silenziosa che azzardo.
Allora mi viene in mente proprio una intervista ad Ezio Vendrame
dopo una sua apparizione a domenica In, quando Domenica In
era condotta da Paolo Bonolis.

Intervista che non riesco a ritrovare in rete, ma sono certa che tu
la saprai trovare, mentre io cercherò quell’intervista ad Alda Merini
alla quale mi paragoni per i temi toccati in una mia mail.

Penso al silenzio della voce.
Penso alle risposte che cerchiamo di dare
dove non ci sono nemmeno domande.

Penso alla tensione che non ti nego.
Penso che ogni volta che scrivo, una parte di me
da qualche parte piange.
Penso che una persona felice, vivrebbe la gioia
piuttosto che tenersi viva, scrivendo.
Penso alla pelle che mi manca dove ho battutto
contro gli spigoli dell’anima e anche il cuore è di me, carne viva.

Penso alla musica
e penso alle volte che ho avuto paura del silenzio.
Penso al silenzio e a una musica che non trovo.
Penso alle corde rotte della mia chitarra
che dovrò cambiare per rilassarmi la sera, prima di dormire.

Penso che le cose trovino il loro corso
scavato spesso nell’inguine distratto dei nostri no.
Troppo difficile raccontarsi favole
per credere ancora alla magia di babbo natale.

Non potrei mai immaginare un mondo senza poesia.
Non vorrei mai un mondo senza poesia.
Per ogni dolore, nascono almeno venti poesie.
Per una gioia, meno della metà.

La terra dell’anima è quella che coltiviamo meno
a dispetto del rumore che non manca mai.

Poesia è camminarsi dentro,
senza la necessità della spettacolarizzazione.

Poi tu lo sai, lo sai bene.
Hai imparato a conoscere le mie inquietudini
e m’hai sentito piangere, come piangono i bambini
come piangono i grandi, come piangono le donne.

Il mio pianto, racchiude tutti e tre i pianti.
Senza foglie, il dolore, è un albero spoglio.
Senza più corteccia, si contano solo gli anelli del tempo.

E quando mi dici che sono ancora giovane
allora piango più forte
quasi da starnutire di rabbia o di solitudine,
che i miei anelli sono tanti…
formano quasi una catena

che in qualche modo
fra il silenzio delle parole e gli spazi vuoti,
fra un dolore e una delusione,
senza più nemmeno il privilegio della croce,
nel silenzio, come la poesia, anche l’ultima lacrima
chiesta in prestito al futuro remoto,
come pioggia estiva, in qualche inverno riscaldato,

anche l’ultimo anello della catena,,
come una musica che sceglierai
da sposare a parole scapole
anche l’ultima lacrima

da qualche parte nel mio fuoco,
evaporerà

liberamente liberato da qualcosa che urlava dentro
con la voglia di uscire